Martina Follador, età 23 anni, celiaca dall’età di 4 anni, golosa di pizza e amante dei fiori. Tenace, sognatrice a occhi aperti e inguaribile chiacchierona. Oltre alla passione per il disegno, adora leggere, scrivere, ballare, gli animali e stare con i bambini. Ama sorridere e cerca il colore in ogni cosa.
Insomma, una ragazza semplice con i suoi hobby, le sue passioni e un sogno nel cassetto: pubblicare un libro che parli di celiachia.
Consegue a luglio 2022 un diploma accademico di I° livello in “Illustrazione e animazione”, con specializzazione in illustrazione; attualmente sta muovendo i primi passi nel mondo dell’illustrazione medica e per l’infanzia.
Martina, nel fumetto ti racconti, attraverso il personaggio di Skyla. Non mancano le difficoltà, ma per ognuna c’è una soluzione. Sei stata diagnosticata da bambina, avevi 4 anni, che compagna di vita è stata la celiachia per te?
La celiachia per me è sempre stata un’amica, l’ho sempre vista come qualcosa che mi rendeva speciale, unica, diversa.
I miei genitori fin da piccola non mi hanno mai fatto pesare il fatto di essere celiaca, ripetendomi sempre che non ero malata e che non ero inferiore agli altri.
Mi hanno sempre trasmesso tanto ottimismo. Quando qualcuno mi diceva qualcosa di brutto o vedevo qualcuno piangere perché celiaco, tornavo a casa e chiedevo ai miei “ma perché ha detto così?” e loro in modo buffo mi rispondevano che questo non capiva nulla. E di fatto è vero.
Io non mi sento limitata dalla celiachia. Penso che la cosa che sia davvero limitante sia l’indifferenza delle altre persone.
La celiachia per me è stata un’amica, una compagna che mi ha aiutata a distinguere chi mi voleva bene e chi non me ne voleva, a partire dalle piccole cose. Se non vivi la celiachia difficilmente saprai davvero che cosa comporti. Per questo motivo, non ho mai preteso nulla da parte degli altri. Quando però un’amica dalla Svizzera mi porta i biscotti al cioccolato senza glutine, oppure ad un buffet per una festa preparano tutto senza glutine per far sì che non ci siano contaminazioni, oppure un amico per la sua laurea sceglie un locale dove posso mangiare con serenità io mi sciolgo. Parallelamente, se una persona di fiducia si dimentica costantemente che sono celiaca o mi “mangia in faccia”, molto probabilmente rivaluterò l’importanza da dare a questa persona.
Cosa ti ha spinta a scrivere e soprattutto, a voler condividere con i celiaci e i non celiaci, il tuo fumetto?
Ho iniziato a meditare l’idea poco prima della pandemia. Per motivi di salute non stavo frequentando l’università già dalla fine del 2019, poi è imperversato il Covid. Durante il lockdown ho avuto molto tempo per pensare, ho riflettuto molto su me stessa. La gran parte del tempo l’ho spesa leggendo e disegnando e, come buona parte delle altre persone, “nullafacendo”. La noia, che normalmente detesterei, in questo caso invece ha portato buon consiglio, è stata di grande ispirazione! Mi sono guardata in giro e ho visto che in quel periodo, a parte i progetti di AIC, non c’erano libri “disegnati” sulla celiachia, soprattutto a fumetti! Quando tornai in università e, in generale, a condurre una vita più “normale” nonostante la mascherina, mi imbattei in diverse situazioni che hanno contribuito a darmi idee su cui basare il libro. A furia di accumulare spunti e di appuntarmi le cose, ho deciso di raccogliere il tutto in un quadernino che ho rilegato a mano. A quel punto mi resi conto che questo libro poteva davvero funzionare! Io che sono sempre stata molto previdente (forse anche fin troppo!) all’inizio della seconda avevo già in mente cosa portare come tesi a conclusione del triennio. Perché come tesi? Perché era un progetto in cui credevo fermamente e perché volevo creare qualcosa al massimo delle mie possibilità. Volevo fare le cose in grande e correre dei rischi, mettendomi a nudo ed esponendomi ad un potenziale giudizio esterno. Avevo bisogno di sfogare tutto quello che avevo sentito nell’ultimo periodo e vedere se qualcun altro si sarebbe riconosciuto nelle cose che dicevo. Un progetto, quindi, terapeutico per me e che speravo potesse esserlo anche per i futuri lettori.
Perché questo titolo? Ritieni che i giovani celiaci si barcamenino ancora per la “sopravvivenza” in una società che non è ancora pronta ad accoglierli?
Il titolo “Manuale di sopravvivenza per celiaci” è volutamente ironico. Ogni volta che tengo in mano il libro e rileggo il titolo, mi piace soffermarmi sulla parola “sopravvivenza”. Non si tratta di sopravvivere perché mancano le risorse, ma di “sopravvivere” in un mondo dove tutti sanno che cos’è la celiachia, ma dove di fatto non tutti sanno che cosa sia per davvero. Da qui l’ironia, il fatto che ci sono delle difficoltà che psicologicamente potrebbero portarti a maledire la celiachia a causa degli altri, e non di una reale problematica causata dalla patologia in sé. Non è la celiachia il problema, ma la celiachia in rapporto a chi non la conosce.
Basterebbe davvero informarsi un minimo ed essere onesti, soprattutto se sei un ristoratore. Ormai il panorama dei bisogni alimentari è molto variegato, per cui è limitante, secondo me, voler proseguire a fare le cose come sono sempre state fatte, ignorando i cambiamenti e le nuove esigenze dei clienti maturate in questi anni. E se nonostante questo uno non può garantirti un pasto sicuro, apprezzerei molto di più un “mi dispiace, non siamo attrezzati” più che un “possiamo provare ma non possiamo assicurare niente, se succede qualcosa non ci assumiamo la responsabilità”.
Quindi, questo libro è rivolto sia ai celiaci, sia a tutti coloro che sono lontani dalla celiachia. Nel mio piccolo, volevo che i celiaci si sentissero confortati nel leggere questo fumetto, soprattutto in relazione a delle situazioni o momenti difficili, ma la cosa che mi premeva altrettanto era quella di far vedere che dire a un celiaco “sei sfigato” non renderà la tua giornata o la tua vita migliore della sua. Io vivo felice con la mia celiachia. Per cui spero che queste persone capiscano che, oltre a non guadagnarci nulla, contribuiscono a far sentire quelle persone che, invece, non convivono serenamente con la celiachia, degli “alieni” che in realtà non sono.
Perché ti sei rivolta ad AIC Lombardia per fare insieme questo percorso?
Mi sono rivolta ad AIC Lombardia perché volevo che il mio progetto avesse una dimensione più ampia e condivisa. Non volevo progettare un libro autocelebrativo; ho sentito l’esigenza di raccontare la mia storia perché fosse utile a qualcun altro. Volevo trasformare la mia esperienza, a tratti drammatica, in qualcosa di fruttuoso. AIC Lombardia al momento della diagnosi per noi è stata fondamentale, soprattutto per i libri con le storie di Igea e per il prontuario degli alimenti. Il fatto di poter collaborare con AIC Lombardia sarebbe stato fantastico perché avrei avuto modo di lavorare con chi da piccola aveva aiutato me, grazie ai progetti già realizzati, e al contempo sarebbe stato bello mettersi in gioco, prendendosi un impegno importante, imparando tante cose e confrontandosi con degli esperti. Ho appreso molto sia sul mio lavoro sia sulla celiachia. Da celiaca da quasi 20 anni pensavo di sapere già più o meno tutto; invece, è incredibile la mole di cose che ho imparato in 50 pagine di fumetto!
È stato terapeutico per me lavorare a questo progetto, perché mi sono potuta sfogare su carta e ho avuto la possibilità di rielaborare dei momenti difficili che a distanza di anni ricordo ancora. La mia speranza è che sia terapeutico anche per qualcun altro: anche se lo fosse per una persona sola per me significherebbe aver vinto, aver raggiunto finalmente il mio obiettivo.
C’è un passaggio un capitolo, che più ti sta a cuore del fumetto, quello che ti emoziona maggiormente quando lo riguardi?
Mi emoziona sempre molto la prima tavola del capitolo 3, con mamma, papà e sorellina nel pancione insieme a tavola.
È un ricordo che riassume bene quel periodo, una famiglia unita nonostante una diagnosi incerta.
Il capitolo a cui sono più affezionata penso sia l’ultimo, il capitolo 4. Ci ho messo molta enfasi nel trattare le varie situazioni e volevo raccontare il più possibile. Spesso nei libri si parla della celiachia a livello clinico e scientifico, poi si suggeriscono delle ricette gustose. Io volevo fare qualcosa di diverso, forse mai fatto prima, per raccontare una fetta di quella che è la normalità del celiaco nel 2023.
La pagina della gelateria mi ha permesso di avere la mia piccola “rivincita”: infatti, la gran parte delle situazioni scomode da celiaca, nella mia esperienza, si è verificata proprio in questo luogo. Far pronunciare ai vari gusti di gelato i commenti più strambi ricevuti in passato è stato esilarante!
E infine mi sono divertita un mondo a disegnare il boss glutine. Tuttora lo guardo e, pur nella sua “cattiveria”, lo trovo molto buffo.
In generale ho cercato di trasmettere felicità nel libro, con lo stesso entusiasmo che mi piace portare insieme a me.
Quali sono le tue emozioni nel vedere realizzato un sogno: la pubblicazione del tuo lavoro?
Un tripudio di emozioni che a parole è veramente difficile da spiegare. Sembra una frase fatta, ma fidatevi che è davvero come vi dico!
Lavorare ad un progetto in cui credi è già di per sé entusiasmante, ma guardarti indietro, una volta scalata la vetta, e rivedere quanta strada hai fatto, lo è ancora di più. Il tempo, le notti insonni, la paura di non riuscire a dare il massimo, lo studio dei personaggi inizialmente deformi, trovare i colori giusti, le bozze fatte e rifatte per trovare la linea perfetta, le scadenze da rispettare, i testi cambiati più volte, i file salvati e risalvati, Photoshop che perde tutti i tuoi sacrifici, i tuoi a cui hai fatto vedere il progetto mille volte e che probabilmente non ne possono più ma che ti danno retta comunque, i viaggi in treno e in aereo con l’iPad in mano, le tavole continuate con la sinistra per via di una tendinite alla mano destra (la gelateria, a quanto pare, è un luogo malvagio anche stando dietro al bancone!), le correzioni fatte in ogni luogo e in ogni minuto libero della giornata, la frustrazione nel dover apportare altri cambiamenti per rendere tutto perfetto, i programmi che si impallano, la stanchezza, i tuoi cari e i relatori che ti spronano a continuare, tu che hai gli occhi bordeaux, ma che di disegnare non vuoi smettere.
È un’emozione unica, che auguro a tutti di provare almeno una volta nella vita, un mix di gioia e di felicità. È la soddisfazione di non aver mollato mai e di aver sempre fatto del proprio meglio, aspirando sempre al massimo, nonostante le difficoltà. Sentire, in più, i riscontri positivi dei celiaci e di tutti coloro che hanno assistito alla creazione del progetto è fantastico. Il fatto, poi, che questo lavoro sia stato condiviso sui giornali e sui social per me è fonte di orgoglio. Spero raggiunga quante più persone possibile, sensibilizzare è il primo passo verso il cambiamento.
Vuoi lasciare un pensiero, un consiglio ai nostri giovani, ma non solo, lettori?
Credete nelle vostre idee e correte dei rischi. Non abbiate paura di impegnarvi in qualcosa che vi appassiona. In un mondo complicato e spesso ingiusto come il nostro, per quanto possa sembrare difficile pensarlo, ognuno nel suo piccolo può fare la differenza, non solo per sé stessi ma anche, e soprattutto, per gli altri.
Vorrei rivolgere, infine, un pensiero ad AIC Lombardia e a tutti coloro che mi sono stati vicino durante il percorso, per aver contribuito alla realizzazione del progetto e per aver creduto in me e nel mio lavoro.